BARBIE – 50 anni e non li dimostra

 

E’ l’unica cinquantenne al mondo che può festeggiare il mezzo secolo senza un velo di preoccupazione e neppure una goccia di botulino.

Sul viso non ci sono rughe, i glutei sono ancora belli sodi, i capelli perfetti come sempre. Anche nella vita privata le cose sono chiare.

Non si è mai voluta sposare con quel belloccio di Ken con il quale ha diviso addirittura 43 anni di vita comune. Ma il 13 febbraio di 5 anni fa ha deciso di metterlo alla porta (troppo noioso?) e dopo tanta monogamia ha voluto conoscere biblicamente un altro uomo, il surfista Blanie, bello e inutile come Ken.

Un flirt durato poco, raccontano le cronache di Barbie.

Così per due anni ha serenamente vissuto da single. Poi, vai tu a capire perché (forse è stata la paura di affrontare l’autunno della vita senza un uomo al fianco) si è ripresa il moroso di sempre. Pazienza.

L’avremmo voluta più coraggiosa, la nostra Barbie-cuore di plastica rigida e taglia 40, la mitica bambola della Mattel, passata attraverso cinquant’anni di storia senza troppi danni, nonostante le numerose burrasche affrontate.

Nel 2003 il mondo arabo l’ha messa fuori legge non trovandola conforme ai principi dell’Islam. Col tempo il suo nome è diventato sinonimo di bellezza sposata alla stupidità. La sintesi di questo pensiero è in una canzone di successo, Barbie Girl del gruppo danese Aqua, trascinato in tribunale (senza successo) dalla ditta produttrice del giocattolo. Due anni dopo, la dottoressa Agnes Nairm dell’Università di Bath in Inghilterra ha pubblicato una ricerca in base alla quale le bambine divenute adolescenti puniscono la loro Barbie decapitandola o mettendola nel forno a microonde, rito di passaggio di chi rifiuta il proprio passato. Mah! Da ultimo, con poca classe Barbie ha fatto la guerra alle sorellastre brutte, le Bratz, spazzandole via dagli scaffali di giocattoli.

Il loro babbo, Carter Bryant, le aveva progettate quando era ancora un dipendente della casa madre.

Nata adulta il 9 marzo del 1959 su ispirazione di una bambola tedesca, la Bild Lilli , la creatura della Mattel piaccia o no ha rotto gli schemi. Le bambole erano per lo più bambolotti con i quali le bambine giocavano a fare la mamma.

Barbie (diminuitivo di Barbara, una delle figlie dei signori Handler, Ruth ed Elliot, co-fondatori della casa di giocattoli) offriva alle bambine d’America prima e di mezzo mondo poi, un modello alternativo: niente più neonati da allevare, cullare, ninnare ma una bambola che fosse amica, sorella, fidanzata perfino single, tipi femminili con i quali identificarsi.

Vestita con un costume da bagno zebrato, capelli legati con una lunga coda di cavallo, la Barbie nata in Giappone sotto il segno dei Pesci, fa così la sua apparizione.

Nel primo anno di vita vengono venduti la bellezza di 350 mila esemplari a 3 dollari l’uno.

Oggi che l’universo è popolato da un miliardo di Barbie disseminate in oltre 150 nazioni del globo, la famiglia si arricchisce di tre sorelle al secondo. Parrebbe un’invasione cosmica se non fosse uno straordinario business.

Al quale hanno partecipato, per esempio, le più importanti griffe dell’alta moda. Da Armani a Dior, da Balenciaga a Yves Saint Laurent, a Versace, tutti hanno disegnato e confezionato un vestitino per l’eroina di plastica rigida (il suo guardaroba veniva rinnovato ogni anno con 120 nuovi capi) così da essere sempre al passo coi tempi. Al punto da modificarle il giro vita davvero troppo stretto quando l’anoressia è diventata un’allarmante emergenza.

Lo scopo di ogni aggiornamento del look era chiaro: ogni bambina che sognava una Barbie doveva avere tra le mani quella che meglio di tutte rappresentava il momento storico. Doveva essere una bambola approdata nel mondo della fantasia come proiezione della realtà.

Non è un caso che Barbie abbia un’identità precisa con tanto di nome e cognome: si chiama Barbara Millicent Robert, e una lunga biografia via via aggiornata dalla Mattel. Barbie ha una famiglia con molte sorelle, prima fra tutte Skipper (in vendita dal 1964, regolarmente considerata da chi la riceveva in dono una sfigata), i gemelli Tutti e Todd, venuti molti anni dopo, nel 1992, e ancora Shelly nata 1995 fino alla piccola Krissy di appena 10 anni. Ha il fidanzato Ken (diminuitivo di Kenneth, un altro figlio degli Handler). Ha un mondo di amicizie ricco e rispettoso del politically correct.

C’è l’amica latino americana Teresa, la coppia afro-americani Christie e Steven, la giapponese Kayla.

Se è una donna di successo al punto che nel 1985 Andy Warhol ha creato un quadro per lei, lo deve al fatto che non ha mai ceduto a tentazioni intellettuali e con una buona dose di senso pratico è stata capace di adattarsi a razze e culture (45 i modelli di Barbie alternativi).

Ha una casa tutta rosa dove lei è regina, ama gli animali, possiede un certo numero di macchine decappottabili, irrimediabilmente rosa. Le è persino capitato di vivere in sbriluccicanti castelli.

Ma da questi mondi è sempre uscita per esercitare una delle 75 professioni scelte in tanti anni. Certo, una come lei ha fatto il medico, la ballerina, la hostess, l’insegnante, la fioraia, mestieri banali se si pensa che è stata anche ambasciatrice dell’Unicef, ufficiale militare durante la prima guerra in Iraq, astronauta quando l’Unione Sovietica mandò nello spazio Valentina Tereshkova. E con buona pace di Hillary Clinton e di Sarah Palin è stata lei la prima donna candidata, per ben due volte, alla Casa Bianca.

Chi è stata bambina negli anni Sessanta sa bene che avere tra le mani una Barbie significava avere una sorella grande alla quale ispirarsi.

Non senza pericoli: il primo fra tutti pensare di avere un guardaroba altrettanto fornito e ritrovarsi invece a ereditare abiti da sorelle maggiori o amiche. Sognare un fidanzato con la faccia da tontolone come quella di Ken. Immaginare che per una donna le porte del mondo del lavoro si spalancassero senza problemi… Ma questa era la favola.

Felice mezzo secolo, cara vecchia Barbie


Tratto da “50 anni e neanche una ruga” - Caterina Pinna – Unione Sarda del 18 Gennaio 2009



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