IL SENSO DELLA VITA – La leggenda del pianista sull’oceano – Alessandro Baricco

Essere veri uomini significa fare grandi cose o fare ciò che è presente e vivido nel profondo del proprio cuore?
Vivere significa scoprire, correre, girare il mondo in un alternarsi di preoccupazioni, fatiche, lotta con il tempo oppure documentarsi passivamente leggendo ed informandosi.
E se invece riuscissimo a fare tutto ciò scoprendolo dal proprio scranno, dalla propria posizione, dalla propria postazione magari seduti  tranquillamente sulla panca di fronte alla tastiera del nostro pianoforte?
Nella trasmissione dell’8 Maggio de “Il senso della vita” Bonolis ha citato un estratto del libro “Novecento” di Alessandro Baricco da cui è stato tratto il film “La leggenda del pianista sull’oceano”.
Novecento, il protagonista del libro/film, ha vissuto tutta la sua vita all’interno di una nave. Quella era la sua vita e non conosceva altro: non la terra, non un palazzo, non una strada, non un negozio. Ma non era infelice, curioso forse, ma non infelice. Sino a quando non ha deciso di scendere da quella nave, almeno una volta.
L’infelicità non stà nel non fare, nel non conoscere, nel non capire ma nel fatto che nella propria vita ciascuno di noi vuole capire dove e verso cosa sta andando quando scende i gradini della scaletta della vita.
Come nella nostra vita quando dobbiamo scegliere di intraprendere una nuova strada abbiamo, anche se pur vaga, una idea di dove stiamo andando, di dove ci dirige il nostro desiderio.
E quando non vediamo la nostra strada quella che stiamo per lasciare, forse, è proprio quella che dobbiamo tenerci stretta perchè….è la nostra!!
 
Novecento sulla cima di una scaletta da piroscafo.
Cappotto cammello, cappello, una grande valigia.
Sta un po’ lì, nel vento, immobile, a guardare davanti a sé.
Guarda New York.
Poi scende il primo gradino, il secondo, il terzo.
Fu al terzo gradino che si fermò. Di colpo.
 
“Non è quel che vidi che mi fermò
È quel che non vidi
Puoi capirlo, fratello?, è quel che non vidi… lo cercai ma non c’era, in tutta quella sterminata città c’era tutto tranne…..
Ma non c’era una fine. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello.”
 
“Non devi pensare che io sia infelice: non lo sarò mai più.”.
Aveva la faccia di uno che non scherzava, quando la disse. Uno che sapeva benissimo dove stava andando. E che ci sarebbe arrivato. Era come quando si sedeva al pianoforte e attaccava a suonare, non c’erano dubbi nelle sue mani, e i tasti sembravano aspettare quelle note da sempre, sembravano finiti lì per loro, e solo per loro. Sembrava che inventasse lì per lì: ma da qualche parte, nella sua testa, quelle note erano scritte da sempre.
Adesso so che quel giorno Novecento aveva deciso di sedersi davanti ai tasti bianchi e neri della sua vita e di iniziare a suonare una musica assurda e geniale, complicata ma bella, la più grande di tutte.
E che su quella musica avrebbe ballato quel che rimaneva dei suoi anni.
E che mai più sarebbe stato infelice.
 

 

 

 

 

 

 


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